Il termine stress trae le sue origini dal mondo industriale inglese. Con tale
termine veniva indicato il grado di resistenza dei metalli sottoposti a forze.
Il primo ad occuparsi di stress fisiologico fu Selye nel 1936. Secondo l’autore
l’essere umano è costantemente sottoposto a stimoli interni ed esterni definiti
stressors. Quando il sistema individuo entra in contatto con uno stressor, si
evidenzia un’attivazione dell'asse ipotalamo-ipofisario (ACTH) che a sua volta
stimola la corteccia surrenale che libera corticosteroidi. Si ha quindi una
risposta biologica. Ma non solo. Lo stressor determina anche una risposta
comportamentale ed emotiva.
Chiariamo con un esempio molto
semplice. Se camminando per strada all’improvviso qualcuno ci taglia la strada
si ingenera una risposta biologica che coinvolge l’aspetto ormonale causandoci
per esempio un aumento del battito cardiaco, una risposta comportamentale che
determina una sorta di congelamento o soprassalto e una risposta emotiva quale
spavento o rabbia. Ogni stressor coinvolge il sistema individuo a più livelli.
LE FASI DELLO STRESS
Selye nella reazione allo stressor indentifica tre fasi:
1. allarme che determina
un’attivazione del sistema simpatico alla quale segue la
2. resistenza in cui il soggetto cerca di
adattarsi allo stressor. Nella maggior parte dei casi il soggetto trova un
valido adattamento allo stimolo stressante e quindi ridefinisce il proprio
equilibrio interno. A volte però ciò non accade. La fase della resistenza si
protrae per lungo tempo senza che il soggetto riesca a trovare un equilibrio.
A
tal punto si entra nella terza fase detta
3. esaurimento
che determina un’inibizione di tutte le risposte biologiche che si erano
attivate nella fase di allarme. È come se il soggetto si dicesse “ho cercato di
adattarmi, ma non ci sono riuscito e quindi mi arrendo”. Tale inibizione porta
alla lunga a seri danni in quanto fa sì che il soggetto impari a non rispondere
più allo stressor e quindi si riduce sempre di più la sua capacità di adattarsi
in maniera valida all’ambiente interno ed esterno. Il soggetto è come se
perdesse a poco a poco la sua funzione regolatrice interna determinando un
blocco o un rallentamento del suo “stare al passo” con l’ambiente. Ma
l’inibizione totale non è possibile. L’organismo umano cerca comunque di
trovare una soluzione allo stressor. Tutta l’attivazione endocrina, emotiva e
comportamentale che viene inibita nell’esaurimento, deve trovare una sua
valvola di sfogo. Ecco che insorgono disturbi di
carattere somatico quali malattie respiratorie o gastrointestinali e di
carattere emotivo-comportamentale quali depressione.
DI PER SE' LO STRESS NON E' DANNOSO
La presenza di vari stressors fa sì che l’individuo possa continuamente modificarsi in vista di un sempre più valido adattamento ambientale. Ciò che risulta essere dannoso è la reazione dell’individuo allo stressor. Dopo la fase di allarme, il soggetto cerca di resistere allo stressor andando alla ricerca di un valido adattamento. L’elemento che causa un danno è a mio parere da trovarsi proprio in quella fase di ricerca di un adattamento. Per varie ragioni, quali la presenza di uno stressor troppo forte o troppo duraturo, il soggetto non riesce ad adattarsi e quindi crolla. Si inibisce e insorgono patologie somatiche, psichiche o psicosomatiche da intendersi come espressione della rigidità che blocca un naturale fluire interno.
Tralasciando un attimo il termine stress, il concetto di trauma ha una natura di carattere medico. Infatti con tale termine ci si riferisce a una lesione causata da un evento violento. Il trauma psichico è da intendersi come una ferita dell’anima, ovvero una lacerazione violenta del sé integro e della sua capacità di ricucire la ferita stessa. È bene notare che lo stress è ben differente dal trauma. Mentre il secondo riguarda proprio uno “strappo” che, anche se ricucito, comunque si vedrà sempre la riparazione, il primo è un “logoramento” che può portare a uno strappo oppure no. In ambito medico-sportivo, un trauma è la rottura di un legamento muscolare, lo stress è un affaticamento del muscolo che, se tenuto a riposo, si risolve. Lo stesso vale per il trauma e lo stress psichico.
Il trauma psichico è
una vera e propria rottura di ingranaggi interni conseguente a un evento
altamente dannoso per l’individuo, come un abuso subìto da un familiare, per il
quale l’individuo dopo una risposta di allarme e di resistenza ha inibito la
sua capacità di fronteggiamento.
Lo stress psichico invece è un evento meno
dannoso, come una temporanea condizione economica disagevole, al quale il
soggetto riesce ad adattarsi. Il trauma inibisce, almeno in parte, la capacità
di adattamento del soggetto, lo stress no. Inoltre, il trauma fa sì che
l’individuo non riesca a integrare quanto accaduto con il suo vissuto favorendo
quindi fenomeni dissociativi, lo stress no.
Uno stress, seppur poco dannoso ma ripetuto per molto tempo, può determinare un trauma
La mancata sintonia affettiva ripetuta nel tempo è un TRAUMA PSICHICO
Tornando all’esempio
medico-sportivo, uno stress muscolare reiterato può produrre un trauma
muscolare. Uno stress emotivo come la presenza di una madre non adeguatamente
sintonica, se reiterato per anni, può, a mio parere, produrre un vero e proprio
trauma emotivo.