Figure di accudimento non in grado in maniera adeguata di rispondere
ai bisogni del bambino,
trattengono il soggetto a una posizione iniziale centrata su di sè e non sull'altro nè sulla relazione
QUALI GENITORI HO AVUTO ?
I genitori non sintonici possono essere:
pre-occupati
ipergratificanti (falsi)
iperfrustranti
deformanti
imprevedibili
Genitore pre-occupato
Rappresentano quella categoria di figure di
accudimento che tendono ad occuparsi del bisogno del bambino prima ancora che
questo si manifesti. Il bambino non solo non esperisce il
processo di separazione tra il sé e l’altro, ma inibisce a poco a poco anche il
proprio sistema pulsionale. Il sé non esiste e quindi non sente e non prova i
contenuti emotivi. Ma, non essendo possibile inibire totalmente il sistema
pulsionale, il soggetto è destinato a vivere conflitti intrapsichici che saranno
prima o poi manifestati su un piano somatico tramite il sintomo patologico.
Il soggetto, così inteso, procede nel suo sviluppo facendo anche altre
esperienze con figure nuove, diverse da quelle genitoriali, rapportandosi alle
stesse senza la struttura di base necessaria per costituire uno spazio
relazionale con l’altro, il sé appunto. Ansia e depressione sono inevitabili e
nelle forme più gravi tale eziologia si esprime sotto forma di tratti
di personalità dipendenti e passivo-aggressivo ove è alto il livello di
difficoltà a percepire un sé adeguato in grado di “sentire” i propri bisogni e
ove l’altro è utilizzato come sostituto del proprio sistema pulsionale.
Genitore
ipergratificante
Questa tipologia ha la tendenza a “correre ai ripari” del bisogno espresso dal
bambino. È il caso di quelli che vengono comunemente definiti “bambini
viziati”, ovvero bambini che ottengono subito quello che desiderano. Il genitore ipergratificante fornisce però al
bambino una finta gratificazione. Nel senso che risponde a quello che lui crede
essere un bisogno del bambino. Ma di fatto risponde a un bisogno appartenente
al proprio mondo interno “utilizzando” il mondo pulsionale del bambino. L’inadeguatezza della
gratificazione fa sì che essa stessa non possa essere definita tale. I genitori appartenenti a tale tipologia sono
riconosciuti quindi come “falsi ipergratificatori” consentendo quindi di mantenere
l’eccessività di una gratificazione che però non può definirsi tale e quindi
viene riconosciuta come falsa. Il bambino, mai entrato in contatto con un livello ottimale di
frustrazione, ne rimarrà devastato e invaso quando, nel mondo esterno,
incorrerà in una frustrazione. Non riuscirà a coglierla se non in maniera
autodistruttiva. Chiari saranno i sintomi depressivi e alto sarà il senso di
vuoto percepito dal soggetto .
Genitore iperfrustrante
Al contrario delle precedenti, tali figure tendono a fornire eccessive
frustrazioni al bambino. Nella maggior parte dei casi ciò accade perché il
genitore non si accorge neanche del fatto che il bambino possa avere dei
bisogni. Il bambino vive in un mondo di silenzio affettivo e inizia ad assumere
una difesa di carattere autistico o paranoide. L’altro è portatore di dolore e
di frustrazione e quindi è bene starne lontano e trovare da solo la strada per
sopravvivere. Infatti, l’altro è da evitare per non
incorrere nella dolorosa e disaggregante frustrazione. Il soggetto si rifugia
in una posizione ego-centrica espressa tramite il ritiro sociale che ha proprio
la funzione, per il soggetto, di allontanarsi da un altro che assume una
posizione centrale perché costantemente controllato e tenuto a distanza in
quanto portatore di dolore.
Genitore “deformante”
Questi ha la tendenza a deformare il bisogno del bambino. Il caregiver sembra accorgersi della pulsione del bambino e si attiva per trovare ad essa una più o meno sufficiente risposta affettiva, ma fallisce. Tende a “stordire” il bambino. Il genitore né gratifica né frustra. Non è proprio nella relazione. Entra in uno stato di “trance affettivo” attivato da una fortissima e non riconosciuta angoscia. Il bisogno del bambino rappresenta in quel momento per il genitore un dispositivo di attivazione di tale angoscia che lo induce a fuggire affettivamente da un contenuto relazionale percepito come insopportabilmente doloroso. È il caso di genitori irrisolti e con una storia relazionale pregressa fortemente non sintonica tale da portare a fenomeni di disorganizzazione personale. Il loro sé è frammentato. Un mondo esterno senza affettività è un mondo nel quale riescono tutto sommato a funzionare in maniera equilibrata e stabile. Appena nel mondo esterno viene colto un segnale affettivo, quale può essere il pianto del proprio bambino, ecco che inevitabile è l’innesco di un sistema di difesa che stacca il soggetto dal contenuto realistico relazionale. Lo stato di “trance” rappresenta una sorta di contenitore uterino percepito come rassicurante e nel quale stare al riparo sino a quando il momento affettivo reale sarà passato. Nel frattempo il vuoto relazionale vissuto nella realtà, priva del soggetto in quanto si è appunto rifugiato in una dimensione staccata dalla stessa, viene riempito da comportamenti stereotipati quali far tintinnare nervosamente delle chiavi sul naso del bambino o dondolarlo nervosamente. Il bambino, inserito in uno spazio relazionale di tal genere, non solo impara a non dare ascolto ai proprio bisogni, ma anche e soprattutto apprende un approccio dissociativo ai bisogni stessi. Vive in uno spazio staccato da tutto ciò che è relazione. Siamo di fronte a disturbi gravi quali dissociazione e psicosi.
Genitore imprevedibile
Quella figura di accudimento che sembra non avere ancora ben chiarito dentro di sé una modalità relazionale. Frequenti sono i passaggi da comportamenti tipici del genitore pre-occupato a quelli del genitore ipergratificante o iperfrustante. Così facendo, il bambino, non solo vive tutte le conseguenze derivanti dalle carenze sintoniche delle singole categorie genitoriali indicate, ma percepisce anche un grande senso di confusione in quanto esposto a dinamiche relazionali non prevedibili e quindi fonte di incertezza. È molto facile che il bambino evolva verso sentimenti angoscianti di vuoto interiore che cercherà di evitare aumentando il controllo sugli eventi relazionali.
IL GENITORE SINTONICO....quello sano Genitori sintonici invece, riescono, o grazie a una storia relazionale adeguatamente sintonica pregressa o grazie a un grande impegno personale atto a ristrutturare il proprio sé in relazione con l’altro, a garantire un adeguato livello di frustrazione e di gratificazione ai bisogni del bambino. Il genitore empatizza con i bisogni del figlio senza sentirsene pervaso o senza percepire un impulso alla fuga o alla riparazione o alla negazione degli stessi. Il bambino quindi, esperendo relazioni sintoniche, apprende di esistere. Il sé si struttura. L’altro viene colto e vissuto come opportunamente gratificante. Difficilmente tale soggetto manifesterà in età adulta sintomi patologici. Soggetti che hanno ricevuto adeguate sintonizzazioni affettive precoci sono soggetti che, anche di fronte a una successiva esperienza traumatica, riescono comunque a trovare dentro di sé risorse per integrare il vissuto traumatico in una storia di vita fondata su un sé coeso e definito. |